La donna in gravidanza ha lo stesso rischio della popolazione generale di contrarre infezioni batteriche con l'eccezione delle infezioni delle vie urinarie che presentano un'incidenza maggiore a causa dei cambiamenti fisiologici derivanti dalla gravidanza [1]. Quindi, anche se la gravidanza determina un'immunodepressione mirata a non riconoscere il feto come estraneo, questo non comporta una maggiore suscettibilità alle infezioni.
Nella gestante, però, le infezioni possono avere conseguenze più gravi perché l'agente infettante può raggiungere il feto attraverso la placenta o infettare il nascituro durante il passaggio nel canale del parto con quadri che possono andare dall'aborto spontaneo al parto pretermine o all'infezione neonatale [2].
Il prodotto del concepimento ha comunque un sistema difensivo costituito dal passaggio nel proprio circolo degli anticorpi materni e dalla produzione di propri anticorpi ma questo garantisce un buon livello di protezione solo dopo alcuni mesi quindi il primo trimestre è il momento in cui è più vulnerabile.
Per questi motivi è indispensabile poter somministrare alla donna antibiotici in dosi tali da garantire la sua guarigione da un lato e dall'altro da non risultare tossiche per il feto durante il suo sviluppo.
Tra le infezioni batteriche che risultano particolarmente pericolose per il feto troviamo [2]:
È un batterio presente nel terreno e fa parte della flora intestinale di molti mammiferi per cui sono molti i cibi che possono essere contaminati: verdura cruda, latte e derivati non pastorizzati, pollame e carni. È l'agente eziologico della listeriosi i cui sintomi sono aspecifici con una sindrome simil-influenzale che si risolve spontaneamente nella donna ma che provoca l'aborto o, se l'infezione è contratta al momento del parto, meningite nel nascituro.
Molte donne sono colonizzate nel distretto vaginale e intestinale da questo batterio che è assolutamente innocuo. Questo diventa pericoloso per il neonato che si può infettare al momento del passaggio nel canale del parto e può sviluppare una grave polmonite o una meningite con un'alta letalità. È per questo che a tutte le donne tra la 35a e la 37a settimana di gestazione viene eseguito un tampone vaginale/rettale per controllare la presenza o meno di S. agalactiae e, in caso di positività, si somministra un antibiotico durante il parto.
Batterio trasmesso per via sessuale, che provoca un'infezione frequentemente asintomatica nella donna, può infettare il nascituro durante il passaggio nel canale del parto. Nella gravida può causare parto prematuro, nel neonato congiuntivite e polmonite.
Meglio conosciuto come agente causale della sifilide, negli ultimi anni si è riscontrato un ritorno di questa malattia in Italia a causa della massiccia immigrazione e di una maggiore promiscuità dei rapporti sessuali. L'infezione congenita è molto grave provocando morte in utero, morte alla nascita e, tra i sopravvissuti, un'alta percentuale presenterà alterazioni a livello di diversi organi.
Questo gruppo di infezioni, che comprende la batteriuria (cioè la presenza di batteri nelle urine) asintomatica, la cistite acuta e la pielonefrite acuta, possono essere particolarmente gravi sia per le gestanti che per i nascituri. Possono infatti insorgere complicazioni quali aborto, parto pretermine e gestosi. È per questo motivo che durante la gravidanza viene eseguita l'urinocoltura già dal primo trimestre, in modo da poterle trattare tempestivamente.
In generale, prima di prescrivere un antibiotico a una donna in gravidanza bisognerebbe seguire queste indicazioni:
Per quanto riguarda la gestante, la tossicità degli antibiotici è la stessa della popolazione generale ad eccezione delle tetracicline che sembra abbiano particolare effetto epatotossico.
Per quanto riguarda il feto, la maggior parte degli antibiotici attraversa la placenta andando ad agire anche su di esso. In generale l'uso di antibiotici nella prima settimana ha un effetto "tutto o nulla", cioè determina un aborto spontaneo precoce oppure non causa alcun danno. Nel restante primo trimestre l'uso di qualunque farmaco è pericoloso poiché in questo periodo avviene la formazione degli organi e quindi è più facile che si sviluppino alterazioni sia strutturali che funzionali. Nel secondo e terzo trimestre i rischi si riducono.
La Food and Drug Administration (FDA) [3], ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha suddiviso in categorie di rischio i farmaci che, se assunti in gravidanza, potrebbero causare danno al feto. Le categorie sono cinque:
Nessun antibiotico rientra nelle categorie A e X. Se dovesse essere necessaria una terapia antibiotica in gravidanza vanno utilizzati i farmaci in categoria B e solo nelle forme gravi, quando i benefici superano i rischi, quelli in categoria C e D.
Appartengono a questo gruppo gli antibiotici considerati sicuri in gravidanza.
Le penicilline (es. Augmentin, Unasyn) attraversano la placenta ma in basse concentrazioni. L'assenza di effetti teratogeni (che possono determinare anomalie e malformazioni nel corso dello sviluppo embrionale) è stata dimostrata in diversi studi [4,5].
Anche le cefalosporine (es. Rocefin, Glazidim)e l'aztreonam non sono associate ad un aumentato rischio di malformazioni o di aborto [6].
L'eritromicina (es. Eritrocina), nonostante riesca a raggiungere il circolo fetale in discreta concentrazione, non provoca danni fetali [7].
La fosfomicina (es. Monuril) non è risultata possedere effetti teratogeni o embriofetotossici e viene comunemente utilizzata nelle infezioni delle vie urinarie [2].
Appartengono a questo gruppo gli antibiotici sconsigliati in gravidanza.
Gli aminoglicosidi (es. Gentalyn) sono sconsigliati per la loro ototossicità [2] mentre i fluorochinoloni (es. Ciproxin, Levoxacin) potrebbero aumentare il rischio di danno alle cartilagini e alle ossa [8] anche se per entrambe le classi di farmaci non esistono studi sull'uomo che accertino realmente questi rischi.
La claritromicina (es. Klacid, Macladin) si è dimostrata teratogena negli animali ma nell'uomo questo effetto non è stato dimostrato; si è rilevato un lieve aumento di aborti spontanei [9].
La vancomicina (es. Vancocina) provoca nell'animale nefrotossicità e ototossicità e, per quanto non si siano dimostrati effetti teratogeni nell'uomo, è da utilizzare solo in caso di assoluta necessità [10].
Sono farmaci con dimostrato rischio per il feto umano ma in certi gravi casi i benefici possono comunque superare i rischi.
Le tetracicline (es. Bassado, Minocin) sono potenzialmente tossiche per la gestante (tossicità epatica, pancreatica e renale) e per il feto su cui hanno gravi effetti teratogeni che possono coinvolgere il tessuto osseo e nervoso [11,12].
Anche il cotrimossazolo (es. Bactrim) può essere dannoso sia per la donna che per il feto con un aumento del rischio di malformazioni congenite a carico dei sistemi cardio-circolatorio e urinario [13].
Riassumendo:
Rischio | Antibiotici | ||
B | ![]() |
Rischio basso | Penicilline, cefalosporine, aztreonam, eritromicina, fosfomicina |
C | ![]() |
Rischio medio | Aminoglicosidi, fluorochinoloni, claritromicina, vancomicina |
D | ![]() |
Rischio elevato | Tetracicline, clindamicina, cotrimossazolo |
Dott.ssa Maddalena Perotti
Medico Chirurgo - spec. in Microbiologia e Virologia
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