Negli articoli precedenti si è discusso di diversi aspetti nutrizionali di particolare interesse per una gravidanza ottimale: partendo dai fabbisogni energetici addizionali, siamo arrivati ad elencare quegli alimenti che sarebbe meglio evitare o ridurre, compresi quelli che rappresentano un fattore di rischio biologico.
In questo articolo metteremo in evidenza per quali nutrienti essenziali, cioè quei nutrienti che al di là della gestazione richiedono una verifica del raggiungimento dei livelli raccomandati, occorre incrementare l'apporto giornaliero.
I folati, conosciuti anche come vitamina B9, rappresentano un gruppo di molecole correlate con l'acido folico dal punto di vista chimico e funzionale. Negli alimenti comprendono sia forme libere sia forme legate ad uno o più residui di acido glutammico [1]. Le forme biologicamente attive della vitamina, che si formano dopo la digestione della matrice alimentare che la contiene, sono coinvolte nella sintesi degli acidi nucleici DNA e dell'RNA della cellula, nel metabolismo di alcuni amminoacidi (glicina, serina e istidina) ma anche nella formazione di globuli rossi.
La carenza di folati nella dieta è risentita soprattutto dalle cellule ad alta velocità di divisione e differenziamento. Essa è infatti associata ad una forma di anemia detta macrocitica megaloblastica e a difetti del differenziamento del feto: in gravidanza, un apporto insufficiente è correlato con un grave difetto della chiusura del tubo neurale, condizione chiamata spina bifida, ad anencefalia ed encefalocele.
I livelli di assunzione raccomandati sono di 200 microgrammi al giorno (0,2 mg) ma durante la gestazione si richiedono 200 microgrammi giornalieri aggiuntivi (quindi un totale di 400 microgrammi al giorno). Come si può notare dalle tabelle di composizione degli alimenti, la vitamina B9 è presente in quantità rilevanti nelle carni, legumi, ortaggi e frutti come fagioli, pomodori e agrumi. Gli alimenti ricchi di vitamina B9 comprendono dunque sia quelli di origine vegetale sia animale e questo permette senza difficoltà di raggiungere il livello giornaliero ideale indipendentemente dal gusto e da tutti quei fattori che possono incidere sulla scelta dei cibi.
Va detto che siccome la chiusura del tubo neurale avviene nel primo mese di gestazione, una correzione intempestiva dell'apporto giornaliero è inutile, si raccomanda perciò di iniziare l'integrazione di acido folico un mese prima del concepimento (in caso di gravidanza programmata) e fino al terzo mese, momento a cui corrisponde il completamento dell'embriogenesi.
Anche altre vitamine del gruppo B, durante la gravidanza, richiedono un apporto maggiore rispetto a quanto raccomandato per le donne adulte non gestanti: si tratta delle vitamine B1, B2 e B12.
La forma biologicamente attiva della vitamina B1 (tiamina) è la forma che possiede due gruppi di acido fosforico, la tiamina pirofosfato (TPP), che per altro è anche la forma più abbondante nei tessuti animali. Avendo un ruolo cruciale nel metabolismo intermedio (nello specifico nel ciclo di Krebs) e quindi nella produzione di energia a livello cellulare, una sua carenza è associata a disturbi molto seri e a danno principalmente del sistema nervoso, del sistema gastroenterico e cardiovascolare (sindrome berì-berì) e ed è diffusa sopratutto nelle regioni del mondo in cui l'alimentazione è rappresentata quasi in esclusiva da categorie di riso povero di nutrienti (riso brillato).
I livelli di assunzione raccomandati dipendono dal fabbisogno energetico individuale ed essendo le necessità energetiche della gestazione superiori a quelle "normali", l'apporto imposto per le gestanti è di 1 milligrammo giornaliero. Sono ricchi di tiamina sia i prodotti animali che i cereali come la crusca e il germe di grano, ma anche il lievito di birra.
L'apporto stabilito è prossimo a quello che la popolazione italiana assume generalmente con l'alimentazione quindi non sono necessari particolari adattamenti della dieta, ma bisogna considerare che alcuni fattori, come la cottura e i processi industriali, possono determinare una ridotta disponibilità della tiamina negli alimenti.
La vitamina B2 o riboflavina serve alla formazione di due cofattori enzimatici, il flavin mononucleotide FMN e il flavin dinucleotide FAD, che partecipano al catabolismo degli zuccheri, degli acidi grassi e degli amminoacidi nonché alla produzione di energia (ATP) a partire da questi macronutrienti, inoltre il FAD è fondamentale per la difesa antiossidante della cellula dal perossido d'idrogeno (acqua ossigenata).
Una carenza è responsabile del rallentamento delle reazioni anaboliche causando l'arresto della crescita e alterazioni a carico della cute e dell'epitelio oculare. I livelli raccomandati variano a seconda dell'età e delle condizioni fisiologiche di appartenenza, in gravidanza essi corrispondono a 1,6 milligrammi giornalieri contro gli 1,3 consigliati normalmente, quindi si richiede un apporto aggiuntivo di 300 microgrammi.
Fortunatamente la vitamina B2 è largamente distribuita ed è possibile trovarla in modo significativo nel latte, uova e fegato ma anche in cereali, lievito di birra e vegetali a foglia verde. La stagione considerata gioca un ruolo cruciale poiché il contenuto nel latte aumenta nel periodo estivo, inoltre la riboflavina è molto sensibile alla luce e a quelle modalità di cottura che richiedono molta acqua, spesso impiegate per i vegetali a foglia verde.
La vitamina B12 o cobalamine (idrossicobalamina e cianocobalamina) ha come forme biologicamente attive, prodotte dopo l'introduzione e l'assorbimento, due cofattori enzimatici: l'adenosilcobalamina deputata al catabolismo degli acidi grassi con un numero dispari di atomi di carbonio e a quello di alcuni amminoacidi. L'altro coenzima, la metilcobalamina è coinvolta nella sintesi di un amminoacido, la metionina a partire dall'omocisteina.
Una carenza di metilcobalamina determina un accumulo di omocisteina che è un fattore di rischio per patologie cardiovascolari e per l'esito della gravidanza: alterata vascolarizzazione della placenta, sottopeso neonatale, aborto spontaneo e difetti nella chiusura del tubo neurale [2].
Inoltre, poiché è coinvolta nel produrre la forma dell'acido folico biologicamente attiva, anche nel caso in cui questo sia presente normalmente nella dieta, la carenza di vitamina B12 blocca la sintesi di acidi nucleici e di conseguenza la divisione cellulare. Gli effetti sono più marcati per quelle cellule che hanno una velocità di differenziamento e di divisione maggiori, come le cellule del midollo osseo: il segno clinico più evidente è la stessa forma di anemia provocata dall'insufficienza di acido folico, l'anemia macrocitica megaloblastica, e in gravidanza si hanno possibili danni neurologici per il nascituro.
I livelli di assunzione raccomandati per le gestanti sono pari al 20% in più rispetto alle donne in età fertile e sono corrispondenti a 2,2 milligrammi al giorno, che possono essere garantiti solo da un'alimentazione equilibrata in cui siano presenti anche alimenti di origine animale come ad esempio i derivati del latte.
La vitamina B12 è infatti presente solo negli organismi animali ad opera della flora batterica intestinale mentre non è presente in quelli vegetali (vedere la tabella degli alimenti che contengono vitamina B12), per questo motivo le diete vegane sono quelle a maggior rischio di carenza.
La vitamina C (acido L- ascorbico) ha molte, importantissime funzioni tra cui: produzione di adrenalina, formazione di collagene e protezione della cellula dal danno provocato dai radicali liberi, formazione della forma attiva dell'acido folico, assorbimento intestinale del ferro di origine vegetale. Un insufficiente apporto di vitamina C comporta un quadro clinico chiamato scorbuto, molto diffuso un tempo sopratutto in mancanza di cibi freschi e soprattutto vegetali, che determina il sanguinamento delle gengive e fragilità capillare per via della mancata produzione di collagene.
La quantità raccomandata per la popolazione italiana è di 60 mg giornalieri a cui vanno aggiunti altri 10 mg in gravidanza, inoltre se la gestante è fumatrice la necessità di vitamina C è ancora più elevata per l'aumentata degradazione della vitamina essendo direttamente e indirettamente implicata nella difesa antiossidante contro i radicali liberi. In tale circostanza, anche se i danni ossidativi provocati dai radicali liberi presenti nel fumo di sigaretta non sono annullati dalla vitamina C, i fabbisogni risultano raddoppiati.
Le verdure a frutto e gemma sono particolarmente ricchi di vitamina C per cui è raccomandabile consumare pomodori, cavoli di Bruxelles e lattuga ma anche agrumi come arance, mandarini, limoni, pompelmi e kiwi.
Oltretutto la gestante, a causa del peso da sostenere a cui si aggiungono i cambiamenti ormonali, è sottoposta ad uno stress sicuramente maggiore rispetto a quello precedente la gravidanza; a questo maggior stress sono spesso associati problemi circolatori che possono manifestarsi sotto forma di capillari fragili, gambe pesanti e vene varicose. In questo caso è utile aumentare l'apporto di vitamina C con i frutti e succhi di frutta che ne sono particolarmente ricchi: ribes nero, lampone, mora, mirtillo bianco e rosso e altri frutti di bosco. Questi frutti, oltre ad avere il più alto contenuto di vitamina C, hanno un elevato potere antiossidante totale che è dovuto non solo alla presenza di acido L-ascorbico ma anche a quella di composti fenolici tra cui i flavonoidi dalle spiccate capacità vasoprotettive. Non bisogna però dimenticare di effettuare un lavaggio accurato di questi frutti poiché possono essere fonte di contaminazione da Toxoplasma gondii e da altri agenti eziologici a trasmissione oro fecale.
Le molecole contenute negli alimenti che vengono indicate come vitamina A sono rappresentate dal retinolo e retinoidi quasi esclusivamente di origine animale, e in forma provitaminica, dal beta carotene e altri carotenoidi contenuti principalmente nei vegetali. Considerata la biodisponibilità di vitamina (quantità disponibile per le cellule) che si ottiene partendo dal retinolo e dai carotenoidi, essi non hanno lo stesso valore biologico. Per questo motivo, i livelli di assunzione giornaliera vengono indicati quasi sempre in termini di retinolo equivalente, RE (o Retinol Activity Equivalent, RAE): 1 RE o RAE corrisponde a 1 mcg di retinolo, a 6 mcg di beta carotene e a 12 mcg di altri carotenoidi.
Qualunque sia la fonte, la vitamina A è essenziale per il differenziamento cellulare, prende parte agli eventi biochimici responsabili della visione ed è importante per la riproduzione e le difese immunitarie. I segni clinici più immediati di una carenza sono l'insensibilità visiva a basse intensità di luce (cecità notturna), alterazioni della cute e maggiore suscettibilità alle infezioni.
I livelli di assunzione raccomandati per la popolazione femminile corrispondono a 600 mcg di RE e in gravidanza il fabbisogno effettivo (sia per l'accrescimento del feto sia per quello dei tessuti della madre) raggiunge i 700 mcg di RE.
Va però tenuta presente la potenziale teratogenicità della vitamina A ed in questo caso bisogna distinguere il retinolo dalle forme provitaminiche: nella gestazione sono rischiose assunzioni prolungate superiori ai 6 milligrammi giornalieri di retinolo (6000 mcg di RE) ed hanno certo effetto teratogeno assunzioni superiori a 30 milligrammi. Per le forme provitaminiche, invece, data la scarsa efficienza di assorbimento e di conversione in vitamina A, non sono stati documentati pericoli di ipervitaminosi.
I tessuti animali terrestri e marini sono le fonti principali di retinolo (vedere la tabella degli alimenti ricchi di retinolo), soprattutto considerando il fegato e l'olio di pesce, mentre uova e latte contengono sia retinolo che caroteni. Infine, frutta, spezie (erba cipollina e peperoncino) e ortaggi-giallo arancio e verde scuro, presentano un elevato contenuto di caroteni e molto scarso quello di retinolo.
Vengono indicate come vitamina D sia la sua forma di origine animale, colecalciferolo (D2) che quella vegetale, l'ergocalciferolo (D3), ugualmente convertite nella forma biologicamente attiva (1,25 diidrossivitamina D). Una volta trasformate a livello renale nella forma attiva determinano aumento dell'assorbimento del calcio e del fosforo a livello intestinale e hanno influenza di conseguenza sullo stato di mineralizzazione dello scheletro. Una carenza di vitamina andrà quindi a ridurre l'assorbimento del calcio e del fosforo alimentari e avrà ripercussioni, anche se più tardive, sulla componente minerale delle ossa e sulla forza muscolare.
Si tratta di una vitamina scarsamente rappresentata nelle fonti alimentari (vedere tabella degli alimenti che contengono vitamina D), infatti possono essere ritenuti rappresentativi solo pochi cibi: l'olio di fegato di merluzzo, pesci grassi (salmone e aringa), fegato, uova e derivati del latte come il burro e i formaggi quali fontina e groviera.
Fortunatamente, al raggiungimento nell'organismo di livelli adeguati di 1,25 diidrossivitamina D contribuiscono anche i raggi solari che sono in grado di formarla da un precursore già presente nell'organismo (7-deidrocolesterolo) e quindi non proveniente dai cibi. Questa produzione è però legata all'esposizione solare per cui è influenzata dalla stagione e dal luogo in cui si vive. Oltretutto, esistono situazioni che per ragioni diverse portano a privarsi dell'esposizione al sole e la gravidanza è una di queste.
In gravidanza, risulta aumentato il fabbisogno di questa vitamina per l'accrescimento e la mineralizzazione dello scheletro del feto, per cui si raccomanda di assumere almeno 10 microgrammi giornalieri, mentre il livello massimo per prevenire rari ma possibili effetti tossici è di 50 microgrammi giornalieri. Data la difficoltà di raggiungere i livelli raccomandati, soprattutto nelle diete vegetariane o povere di pesce e se l'esposizione solare risulta limitata, possono essere impiegati alimenti fortificati (latte e yogurt) ed eventuali integratori.
Oltre a quello delle vitamine, risultano aumentate anche le necessità di alcuni minerali.
Durante la gestazione circa 250 milligrammi di calcio al giorno vengono trasferiti dalla madre al bambino attraverso la placenta. Questo minerale, importante sia per l'accrescimento sia per il mantenimento della massa ossea, durante la gravidanza viene assorbito con maggiore facilità a livello intestinale per effetto dell'aumento degli estrogeni che fanno aumentare i livelli di 1,25 diidrossivitamina D. Tuttavia, per prevenire una perdita di calcio della donna è stato ritenuto opportuno aumentare i livelli di assunzione che risultano pari a 1200 milligrammi.
Il fabbisogno è soddisfatto principalmente attraverso il consumo di latte, yogurt e formaggi, ma anche, in minima parte da vegetali, cereali e pesce (vedere l'elenco degli alimenti ricchi di calcio).
Analogamente al calcio occorre incrementare anche l'apporto di fosforo, l'altro minerale depositato nella componente inorganica delle ossa. Poiché l'assorbimento e l'escrezione del fosforo sono strettamente associate con quelle del calcio, i LARN coincidono e dunque in gravidanza corrispondono a 1200 milligrammi giornalieri. L'apporto raccomandato è raggiungibile con il consumo di cereali (crusca d'avena, germe di grano), frutta secca, legumi, uova, carne e latte (vedere tabella degli alimenti che contengono fosforo).
Per consentire lo sviluppo fetale è consigliato anche un introito maggiore di iodio. Questo minerale una volta assunto dall'organismo entra a far parte di due ormoni prodotti dalla tiroide, la triiodiotironina (T3) e la tetraiodiotironina (T4) che sono coinvolti nella crescita e nella morfogenesi degli organi. In gravidanza una certa quantità di iodio viene messa a disposizione del feto e parallelamente si ha una maggiore escrezione renale [3]. A questo si aggiunge il fatto che i cambiamenti ormonali dovuti alla produzione di estrogeni prima e di gonadotropina corionica poi, hanno come conseguenza un aumento della sintesi e della secrezione di T3 e T4 e perciò una maggiore necessità di iodio. Una carenza in gravidanza può determinare aborti e mortalità neonatale, malformazioni e ritardo mentale, ma anche alterazioni a carico della tiroide della madre che se persistenti possono sfociare nell'ipotiroidismo.
L'introito supplementare di iodio è pari a 25 microgrammi in più al giorno rispetto alle donne non gestanti, e quello totale corrisponde a 175 microgrammi giornalieri. I livelli raccomandati sono ottenibili con il consumo di pesce di mare, latte, uova e carne. Tuttavia la concentrazione nei diversi alimenti, fatta eccezione del pesce, non può essere considerata costante: essa può variare considerevolmente a seconda della località considerata e da diversi fattori geologici del terreno. Nelle zone di montagna in particolare, dove viene a mancare anche la fonte di iodio dispersa nell'aria proveniente dal mare, l'alimentazione spesso non riesce ad evitare gli stati carenziali. Per tale ragione è consigliabile il consumo di sale iodato, la più semplice e diffusa forma di iodio-profilassi in Italia.
Durante l'età gestazionale il fabbisogno totale di ferro è pari a 1040 mg che sono stati così stimati: 250 milligrammi per le necessità materne basali (per il trasporto di ossigeno nel sangue, produzione di ATP nelle cellule e funzionamento di diversi enzimi del metabolismo), 450 milligrammi per l' aumento della massa emoglobinica, 350 milligrammi per il feto e la placenta. Considerando la mancata perdita mensile di ferro in gravidanza un apporto maggiore del solito non sarebbe di per sé necessario, ma considerando che statisticamente i depositi di ferro nelle donne italiane sono scarsi, si raccomanda di assumere 12 milligrammi in più al giorno arrivando ad un apporto giornaliero di 30 milligrammi. Il ferro è contenuto sia in alimenti vegetali come legumi e ortaggi, sia in alimenti animali come carne e pesce (vedere elenco degli alimenti che contengono ferro), tuttavia, raggiungere i livelli minimi non è semplice per cui anche una dieta sommariamente equilibrata può richiedere di assicurarsi che tali bisogni vengano effettivamente soddisfatti. Inoltre, la biodisponibilità per il ferro di origine vegetale e quello di origine animale è differente: il primo viene assorbito a livello intestinale con un'efficienza che è influenzata positivamente dalla presenza, al momento dell'assorbimento stesso, di alcune sostanze come la vitamina C (che influenza il pH del duodeno) e negativamente da altre (fitati e tannini).
Per ciascun nutriente citato, nella tabella che segue sono indicati i livelli di assunzione raccomandata giornalieri relativi al periodo gestazionale e confrontanti con il periodo antecedente il concepimento (considerando un peso esemplificativo di 56 chilogrammi e un'età compresa tra i 18 e i 49 anni).
* I valori indicati con un asterisco sono ottenibili soltanto ricorrendo anche ad alimenti fortificati ed eventualmente ad integratori sotto prescrizione medica.
Nota: i livelli di assunzione raccomandati non sono aggiornati alla loro revisione, non ancora definitiva, svolta nel corso del XXXV Congresso Nazionale SINU tenutosi a Bologna il 22 e il 23 Ottobre 2012.
Vitamina o minerale | Donna in età fertile | Gestante |
B9 (mcg) | 200 | 400 * |
B1 (mg) | 0,9 | 1 |
B2 (mg) | 1,3 | 1,6 |
B12 (mcg) | 2 | 2,2 |
C (mg) | 60 | 70 |
A (mcg) RE | 600 | 700 |
D (mcg) | 0-10 | 10 * |
Calcio (mg) | 900 (media) | 1200 |
Fosforo (mg) | 900 (media) | 1200 |
Iodio (mcg) | 150 | 175 |
Ferro (mg) | 18 | 30 * |
Dott.ssa Giovanna Codella
Per chi desidera approfondire ulteriormente consigliamo le seguenti letture:
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